Una giornata a teatro: Il Mago di Oz visto con occhi curiosi

Ci sono esperienze che restano nel cuore e che, condivise, diventano ancora più preziose. Una di queste è stata la nostra giornata a teatro, vissuta insieme come famiglie homeschooler, per assistere allo spettacolo de Il Mago di Oz. Un’occasione speciale per stare insieme, nutrire l’immaginazione e lasciarci trasportare dalla magia del palcoscenico.

Lo spettacolo ci ha accompagnati nel celebre viaggio di Dorothy, una bambina che, trascinata da un ciclone lontano da casa, si ritrova nel fantastico mondo di Oz. Lì incontra personaggi indimenticabili: lo Spaventapasseri in cerca di un cervello, il Boscaiolo di Latta che desidera un cuore e il Leone Codardo che sogna il coraggio.

Insieme percorrono la strada di mattoni gialli per incontrare il Mago di Oz, convinti che possa aiutarli a ottenere ciò che credono di non avere.

Tra musiche, colori e scenografie suggestive, lo spettacolo ci ha ricordato un messaggio semplice e potente: spesso ciò che cerchiamo fuori è già dentro di noi.

Il messaggio finale de Il Mago di Oz

Il messaggio finale de Il Mago di Oz, in cui Dorothy comprende che “non c’è posto più bello di casa”, può essere interpretato come un invito conformista a non allontanarsi dalla propria realtà e ad accettare l’ordine esistente, oppure esistono chiavi di lettura più profonde che escludono una forma di manipolazione mentale e valorizzano invece il viaggio, l’esperienza e la scelta consapevole?

Domanda molto interessante e tutt’altro che banale, perché Il Mago di Oz si presta davvero a più chiavi di lettura.

A prima vista, il messaggio finale — quando Dorothy comprende che «non c’è posto più bello di casa» — può sembrare simile al proverbio “chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova”. Letto in modo superficiale, potrebbe apparire come un invito a non uscire dai confini conosciuti, a non mettere in discussione ciò che già abbiamo. Ed è comprensibile chiedersi se dietro questo messaggio possa esserci una forma di “addomesticamento” o di manipolazione mentale.

In realtà, nelle letture più profonde e condivise dell’opera, il significato è diverso e molto meno conservatore.

Non è “non partire”, ma “tornare trasformati”

Dorothy non torna a casa perché il viaggio è stato inutile o pericoloso. Al contrario: il viaggio è fondamentale. Senza quel percorso, senza l’incontro con la diversità, la paura, il desiderio e la cooperazione, Dorothy non avrebbe mai compreso chi è, cosa conta per lei e dove sente di appartenere.

Il messaggio non è: “resta dove sei”, ma piuttosto:

puoi esplorare il mondo, sbagliare strada, perderti… e poi scegliere consapevolmente dove stare.

La casa, alla fine, non rappresenta l’obbedienza o la rinuncia, ma l’appartenenza scelta, non subita.

Anche gli altri personaggi smontano l’idea di dipendenza

Un elemento chiave che esclude la manipolazione è il fatto che:

  • lo Spaventapasseri aveva già intelligenza,
  • il Boscaiolo aveva già un cuore,
  • il Leone aveva già coraggio,
  • Dorothy aveva già il potere di tornare a casa.

Il Mago, figura di autorità, si rivela un’illusione. Questo è un punto fortissimo e contro-manipolativo: l’autorità esterna non salva, non concede valore, non dà identità. Tutto è già dentro i personaggi.

Se ci fosse un intento di controllo mentale, il messaggio sarebbe l’opposto: “hai bisogno di qualcuno sopra di te per essere completo”.

Una possibile chiave critica (ma non manipolativa)

È vero però che ogni opera, soprattutto se proposta ai bambini, può essere letta anche in chiave più conformista se non accompagnata da dialogo. Se il messaggio viene ridotto a:

“stai al tuo posto, casa tua è meglio del mondo”

allora sì, diventa una narrazione limitante. Ma questo non è il messaggio dell’opera in sé, bensì della semplificazione educativa che talvolta se ne fa.

Una lettura molto attuale (e affine all’homeschooling)

Una chiave moderna e molto potente è questa:

  • esplora (Oz),
  • mettiti in discussione,
  • incontra strade alternative,
  • smaschera le false autorità,
  • poi scegli tu dove e come vivere.

In questo senso, Il Mago di Oz non manipola: invita al pensiero critico, alla fiducia in sé stessi e alla libertà di scelta. Non dice che la “strada nuova” sia sbagliata, ma che il valore non sta nella fuga permanente, bensì nella consapevolezza.

Quindi no, non c’è una manipolazione mentale intrinseca nel messaggio finale. Semmai, c’è un invito sottile ma profondo: viaggiare serve, ma non per scappare da sé stessi.

Qual è il senso della strada di mattoni gialli ?

La via dorata (o strada di mattoni gialli) che Dorothy percorre ne Il Mago di Oz è uno dei simboli più ricchi dell’intera storia e il suo significato va ben oltre l’idea di una semplice strada da seguire.

1. Il percorso dell’esperienza e della crescita

La via dorata rappresenta innanzitutto il cammino della crescita personale. Non è la meta a trasformare Dorothy, ma il percorso stesso. Lungo la strada incontra ostacoli, fa scelte, stringe alleanze, prova paura e fiducia. È il viaggio che le permette di scoprire le proprie risorse interiori.

In questo senso, la strada non è una scorciatoia né una soluzione pronta: è il tempo necessario per diventare consapevoli.

2. Una strada “già tracciata”… ma non obbligatoria

La strada di mattoni gialli è indicata come la via da seguire, ma Dorothy spesso:

  • si ferma,
  • devia,
  • sbaglia,
  • viene distratta o ostacolata.

Questo è importante: la strada esiste, ma non è una linea rigida. Simboleggia i percorsi socialmente suggeriti (educativi, culturali, morali), che possono essere utili come orientamento, ma non sostituiscono il discernimento personale.

3. L’illusione della sicurezza

Il colore dorato richiama il valore, la ricchezza, la promessa di qualcosa di “giusto” e desiderabile. Ma la strada conduce a un Mago che si rivela un’illusione. Questo introduce una lettura molto profonda: anche i percorsi apparentemente perfetti, riconosciuti e approvati, possono portare a false autorità.

La via dorata non è sbagliata, ma non garantisce la verità.

4. Il cammino condiviso

Dorothy non percorre la strada da sola. Lungo il cammino incontra lo Spaventapasseri, il Boscaiolo di Latta e il Leone. Questo sottolinea che:

  • la crescita non è solitaria,
  • il confronto con l’altro è parte essenziale del percorso,
  • ognuno porta con sé una mancanza apparente che in realtà è una risorsa.

La via dorata è quindi anche educazione alla relazione, non solo all’individualità.

5. Una lettura educativa profonda

In chiave educativa, la strada di mattoni gialli può rappresentare:

  • i percorsi formativi standardizzati,
  • le “strade giuste” proposte dagli adulti,
  • i modelli rassicuranti e riconosciuti.

Ma il messaggio finale è chiaro: la strada serve per scoprire che non è la strada a definirti. Il valore non sta nell’aderire perfettamente al percorso, bensì nell’esperienza vissuta lungo di esso.

In sintesi

La via dorata non è:

  • un simbolo di obbedienza cieca,
  • né una garanzia di successo.

È un mezzo, non un fine. Serve a Dorothy per capire che la vera bussola non è esterna, ma interna. Ed è proprio questo che rende Il Mago di Oz un racconto sorprendentemente libero, critico e attuale.

Un ultimo ragionamento

Durante la mattinata, oltre a noi homeschooler, erano presenti anche molte scuole, con tanti ragazzi e ragazze.

È una situazione che ci capita spesso quando andiamo a teatro o partecipiamo a eventi culturali insieme ai coetanei che frequentano la scuola tradizionale.

Senza alcuna polemica, non possiamo fare a meno di notare come, in questi contesti, ci sia spesso molto chiasso, poca attenzione e una grande voglia di muoversi, parlare, sfogarsi.

Forse il teatro diventa uno dei pochi spazi in cui questi ragazzi possono “scaricare” una tensione accumulata altrove.

Tutto questo, però, va inevitabilmente a discapito di chi vorrebbe seguire lo spettacolo con calma, ascolto e ammirazione. Colpisce anche osservare le insegnanti, spesso sole o in due a gestire gruppi numerosi, ormai abituate a questa dinamica e costrette, forse per stanchezza o per necessità, a non intervenire. Non è un giudizio, ma una constatazione che invita a riflettere.

Non è colpa di nessuno

Non è colpa dei ragazzi, che probabilmente esprimono un bisogno reale. Non è nemmeno colpa delle insegnanti, chiamate a gestire situazioni complesse con strumenti limitati. Forse la domanda da porsi è un’altra: e se fosse il modello scolastico tradizionale, con i suoi ritmi, i suoi numeri e le sue modalità, a mostrare qui alcuni dei suoi limiti?

Garantire attenzione, rispetto e reale partecipazione, per un adulto o anche per due insegnanti, diventa davvero difficile in certe condizioni. Una riflessione aperta, da portare con noi, proprio come il messaggio del Mago di Oz: ascoltare i bisogni, guardare più a fondo e immaginare strade nuove.

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